Il Covid-19 fa strage nelle Residenze per Anziani. Il paradosso dell’assistenza negata

Il Covid-19 fa strage nelle Residenze per Anziani. Il paradosso dell’assistenza negata

A distanza di varie settimane dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, sta emergendo una realtà che di giorno in giorno risulta più difficile nascondere, se mai questo sia stato l’obiettivo di qualcuno: l’impressionante numero di morti in residenze per anziani, case di cura, case di riposo, cliniche private e altre tipologie d’istituti che in varia forma ospitano anziani.

Premesso che le cifre sono da accogliere con cautela (il numero di tamponi eseguiti è ridottissimo), alla data dell’11 Aprile, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, considerando poco più di un quarto delle residenze monitorate, si sono verificati 3.859 decessi, 1.443 di questi (il 37,4%) per probabile infezione da Coronavirus. Si rimanda all’analisi di Adnkronos per maggiori dettagli sull’indagine dell’ISS.

Se pensiamo che quel numero di morti rappresenta solo un quarto del totale delle strutture per anziani in Italia, ci rendiamo immediatamente conto della sproporzione di casi rispetto al totale di decessi.

Una prima considerazione da fare è sulla carenza di strumenti di protezione: se è già così marcata negli ospedali, sarà presumibilmente drammatica in strutture non ospedaliere, come denunciato a più riprese da sindacati e lavoratori.

Di conseguenza, gli operatori delle RSA si sono trasformati nel principale veicolo di contagio, così come gli infermieri e i dottori negli ospedali.

A fronte dell’impossibilità di aggirare il problema della carenza di mascherine, tute e altri dispositivi di protezione, sono stati fatti errori clamorosi nella definizione delle regole di gestione e condotta di queste strutture.

Per esempio, le visite sono state sospese molto tardi, permettendo anche a familiari e altre figure esterne di portare il virus dentro le strutture. Adesso che il virus è sotto controllo e le forti limitazioni alle visite e l’impedimento di accesso agli operatori esterni stanno mettendo oltremodo a repentaglio la salute degli anziani nelle RSA.

Inoltre, a tutt’oggi, quando gli anziani ospiti delle residenze vengono ricoverati negli ospedali per un problema di salute diverso dal Covid-19, invece di essere riammessi nelle strutture solo dopo una verifica tramite tampone ed eventuale periodo di isolamento, vengono subito rilasciati senza alcun controllo, con conseguenze facilmente immaginabili, considerato il fatto che gli ospedali stessi sono diventati incubatori privilegiati del virus.

 

anziani ospiti delle Rsa e delle case di riposo che vengono ricoverati in ospedale e poi rispediti in struttura senza test per Covid-19

 

Quando i gestori delle strutture si sono opposti alla riammissione sono stati minacciati di querela per mancata accettazione da parte delle famiglie e degli ospedali.

Questa situazione è emblematica dell’impreparazione e dell’oggettiva carenza di risorse di tutti i soggetti coinvolti; ma è anche rivelatrice di quanto tempo le autorità preposte abbiano inutilmente perso a polemizzare, prendendo decisioni sbagliate: si pensi all’ospedale Fiera Milano, un’iniziativa propagandistica che è costata un’ingente quantità di risorse che potevano essere investite nell’allestimento di presidi sanitari decentrati dove accogliere gli infetti.

 

Residenze Socio-Assistenziali (RSA) – The Dark Side of the Moon

In questa pandemia, le Rsa rappresentano il lato oscuro della luna. Prendiamo in rassegna 3 significative aree geografiche:

  • Bergamo: la provincia italiana con il più alto tasso di contagio
  • Milano: la provincia con i peggiori numeri assoluti
  • Torino: la provincia dove il tasso di contagio sta crescendo di più in questa fase

 

BERGAMO

Nelle residenze per anziani della provincia di Bergamo si contano 1100 decessi, circa il 25% della popolazione ospitata.

 

Numeri da brividi, francamente inaccettabili, come è possibile che non sia scattato un allarme generale per proteggere una popolazione così vulnerabile ai virus?

Che non esistessero, o non siano stati applicati, protocolli di sicurezza per proteggere dalle epidemie gli anziani ospiti delle strutture sparse in tutta Italia?

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori – a “Che tempo che fa” su Rai2 – rispondendo alla domanda sulle possibili cause dell’elevato numero di decessi nelle RSA, evidenzia che in questi centri la Regione Lombardia ha permesso le visite fino a marzo avanzato, nonostante molti gestori avessero chiesto di poter chiudere l’accesso ai familiari.

 

MILANO

I PM di Milano stanno iscrivendo i vertici di numerose strutture per anziani nel registro degli indagati, precisando che si tratta di un passaggio “dovuto, tecnico e formale”:

  • a seguito delle denunce;
  • per ottenere documentazione rilevante (cartelle cliniche, protocolli e direttive interne);
  • per dare il via agli interrogatori;
  • per raccogliere testimonianze.

Sul Pio Albergo Trivulzio, la procura di Milano indaga per il sospetto di epidemia e omicidi colposi. Qui, da fine febbraio, si contano circa 150 decessi.

Cifre simili anche al Don Gnocchi, struttura sospettata degli stessi reati.

 

TORINO

In provincia di Torino, molte case di riposo, soprattutto nella zona del Canavese, sono sotto indagine della procura di Ivrea. Anche in questo caso si parla di centinaia di contagiati e decine i morti.

alto numero di decessi nelle Rsa e nelle case di riposo in provincia di Torino. I magistrati indagano

Le strutture sotto la lente sono:

  • Piovano Rusca (Nole Canavese)
  • Sereni Orizzonti (San Mauro Torinese)
  • Villa Lina (Corio Canavese)
  • Residence del Frate (Bairo)
  • Arnaud (Volpiano)
  • Annunziata (Marcorengo di Brusasco)
  • Beata Vergine della Consolata Fatebenefratelli (San Maurizio Canavese)
  • la residenza gestita dall’Ente Parrocchiale San Giovanni Battista (Bosconero)

Si stanno analizzando le cartelle cliniche dei degenti e si sta accertando il rispetto di direttive e protocolli di sicurezza.

Rimandiamo a un articolo di torinotoday per ulteriori dati su contagi e decessi in altre strutture per anziani del torinese.

 

Sono stati lasciati soli: anziani, infermieri, operatori socio-assistenziali, educatori, assistenti sociali…

Assistenza Famiglia di Torino da oltre 20 anni fa assistenza agli anziani in ospedali e strutture private. Conosciamo bene come funziona il settore e siamo solidali con le famiglie degli anziani deceduti, delle quali comprendiamo la sofferenza e la rabbia.

Dovranno giustamente essere accertate le responsabilità caso per caso, ma una cosa ci sentiamo di poterla dire fin d’ora: le autorità, dal Governo fino alle ASL, e forse anche alcuni gestori, hanno accumulato ritardi e negligenze assai gravi, come ci racconta lo straziante sevizio della trasmissione PiazzaPulita:

Soltanto ora, con colpevole ritardo e sollecitate dagli scandali di questi giorni, le autorità si stanno accorgendo dell’entità della tragedia e dei rischi che questa situazione pone a tutta la cittadinanza, creando focolai fuori controllo in seno alle comunità.

Solo ora, “l’Istituto Superiore di Sanità ha cominciato a monitorare la situazione” afferma Luca Richeldi, membro del comitato scientifico della Presidenza del Consiglio.

Ci sembra un po’ tardi. Pur non sottovalutando la difficoltà oggettiva di trovare una soluzione adeguata per isolare i contagiati in mancanza di strutture dedicate e con gli ospedali sotto pressione, almeno tre responsabilità gravi sono sotto gli occhi di tutti:

Scandalo degli anziani morti per virus Covid-19 nelle strutture per anziani senza adeguata assistenza

  • assenza di strumenti protettivi adeguati
  • chiusura intempestiva dei centri alle visite esterne
  • mancato isolamento dei soggetti contagiati

In Italia l’età media degli ospiti delle residenze per anziani è di circa 78 anni. Si tratta di persone fragili per costituzione, spesso debilitate da una o più patologie. Non è difficile prevedere che durante un’epidemia i luoghi dove si concentrano tanti anziani (molti dei quali immunodepressi) siano particolarmente a rischio e richiedano un attento monitoraggio.

Dove sono state le autorità finora?

Su queste strutture l’attenzione sanitaria doveva essere massima, invece sono state trascurate, quasi dimenticate, un triste sintomo di quanto poco siano considerati gli anziani nella nostra società, lasciati soli a morire (come negli altri paesi occidentali, dove le cose non vanno meglio).

Come se non bastasse, in queste strutture lavorano operatori socio-sanitari, infermieri, educatori, assistenti familiari, ma anche cuochi, personale delle pulizie, manutentori, centralinisti, segretari, dirigenti. Tutte persone a rischio contagio, ma soprattutto possibili vettori di infezione per gli anziani stessi.

E’ un’esagerazione dire che sono stati tutti lasciati soli ad affrontare l’emergenza?

Soli nella loro frustrazione: la terribile consapevolezza di essere al tempo stesso il maggior fattore di rischio per gli anziani e indispensabili al loro benessere. Una contraddizione insanabile, fonte di una tremenda tensione emotiva, aggravata dalla paura di contrarre il virus e trasmetterlo alla propria famiglia.

Ogni pensiero si sbriciola pensando alla sofferenza che provano gli anziani e i loro parenti separati dal muro della tragedia, soli nel rispettivo indicibile dolore.

Non mettiamo in dubbio che, data la carenza generalizzata di dispositivi di protezione, sarebbe stato complicato evitare il diffondersi dell’epidemia nelle residenze per anziani, ma qualcuno ha pensato almeno a predisporre delle misure concrete per ridurre le occasioni di contagio? Aree dove isolare gli anziani con sintomi d’influenza? O dove confinare quelli riammessi dopo il ricovero in ospedale?

Questo servizio, ancora della trasmissione PiazzaPulita, getta un po’ di luce sulle responsabilità delle RSA e della Regione Lombardia.

Almeno ora, si stanno organizzando strutture sanitarie decentrate dove confinare e isolare i contagiati o i sospetti tali?

Sono domande che esigono risposte, le aspettano i parenti delle vittime, le vogliono tutti gli italiani.

Condividi questo articolo: